Senza olio di palma
(Bugiardino d’oro)
Alla fine ce l’aveva fatta a portarsela a letto.
Per farla rimanere toccava impressionarla con un gesto eclatante. Niente anelli o cose simili, anche
se molto bella, risultava prematuro un azzardo simile con conseguente rischio di perdita del
capitale, era bastato molto meno, un investimento di 3.45€ alla Coop.
Il piano era stato messo in atto alla perfezione: intanto i discorsi della sera prima per sondare il
terreno parlando di colazioni internazionali e specificamente di quella americana (- Adoro
l’America! ), presente quelle pile di pancake grondanti di sciroppo d’acero? ( Adoro i pancake! -),
quindi il mattino, mentre lei continuava a dormire come un angelo, lui si era alzato furtivamente, in
cucina aveva aperto lo sportello del sotto lavabo e in fondo, dietro a saponi, spugne e stracci (chi
mai avrebbe sospettato un nascondiglio del genere), eccola la sua arma segreta per far capitolare la
vittima e compensare la sua inettitudine in cucina: la confezione dei Pancake del Mulino Bianco.
Ora rimaneva da scartare le monoporzioni senza far rumore, posizionare due dolcini nella padella
calda e le altre in un piatto, quindi, passo fondamentale, buttarsi addosso un po’ di farina, rompere
due uova nello scarico e lasciarne i gusci in bella vista accanto al cartone del latte. Allestire la
tavola con tovagliette americane, caffè americano, sciroppo d’acero – ahimè – canadese, Sweet
home Alabama in sottofondo, svegliare la sua bella. – Che bello! Hai fatto i Pancake, sei proprio da sposare!
L’iconico simbolo con la macina posto come sigillo su ogni frittella tradiva la loro natura
industriale
e lei lo aveva notato subito. Fondare una probabile storia d’amore sulla bugia? Se iniziava così,
come poteva andare a finire? Ma aveva fame e fece finta di nulla.
Farina (Bugiardino di argento)
Non avevo mai partecipato alla corsa podistica Pistoia – Abetone, un percorso di 50 chilometri tra
salite,
discese e anche pianori, passando dai 65 metri sul livello del mare ai 1388 metri di altezza. Sapevo
chedovevo centellinare le energie e comunque dovevo anche rientrare nell’orario limite consentito,
d’altra parte alla mia età – 75 enne – imprese di questo tipo sono poco consigliate. Il mio obiettivo
era quello di fermarmi al primo traguardo: quello delle Piastre. Ci sono arrivato tra gli ultimi,
qualche paesano era rimasto sulla strada ma non mi ha proprio considerato ed i banchi predisposti
per rifocillare gli atleti stavano sparecchiando. Il forno era aperto, sono entrato ed ho chiesto un
panino, indicando quello in cui c’era scritto “ speciale- ricetta segreta dello chef-“. Al primo morso
ho detto: “Tornerò a pagare, sono il numero 555”. Finito di mangiare quel panino “speciale” mi
sono sentito un leone, sono ripartito verso la seconda tappa di San Marcello, ho “sgommato” con le
mie suole sull’asfalto, una strisciata è rimasta incisa davanti al forno. Non mi sono più fermato.
Sono arrivato al traguardo dell’Abetone alle spalle dei primi classificati, una soddisfazione enorme.
L’indomani tornando a pagare quel panino ho chiesto alla signora
quale fosse la specialità di quel panino, lei mi ha detto che ci sono delle essenze particolari ma, più
che altro… la farina la comprano a Maranello!
L’ingrediente segreto (Bugiardino di bronzo)
Durante un prelibato pranzo di compleanno a base dei suoi piatti preferiti, Margherita raggiunge la
nonna in cucina.
«Nonnina, si può sapere cosa metti nel pesto?» la implora, leccandosi le dita ancora un po’ verdi.
«È un segreto».
«Avevi promesso di dirmelo quando avrei compiuto diciott’anni, e ora eccoci».
Nonna Jolanda sospira. «È vero, una promessa è una promessa».
La ragazza batte le mani, gli occhi le brillano di entusiasmo. «Dov’è il tuo famoso libro di ricette?»
«Non esiste nessun libro di ricette».
«Le sai tutte a memoria?»
«Nemmeno una».
«Allora come fai?».
«Io non so cucinare».
«Ma cosa dici? Che scherzo è?»
«Cucina tuo nonno. Io non cuocio neanche un uovo al tegamino».
Margherita scoppia a ridere. «Nonno Pino? Impossibile!»
«Eppure è così. Da sempre».
La risata della nipote si spegne. «Ma…perché?»
«La tua bisnonna è morta mentre farcivamo i ravioli. Era la vigilia di Natale, io avevo undici anni.
Quel giorno ho giurato che non avrei cucinato mai più».
«E da grande?»
«Ho avuto la fortuna di sposare un uomo innamorato di me e abile ai fornelli» spiega Jolanda,
sognante.
«Ma… allora che bisogno avevate di mentire?»
«Per la tua mamma, che era una bambina. A merenda le compagne di scuola portavano ottime torte
preparate dalle loro perfette madri casalinghe, e a Pino venne un’idea per non farla sentire diversa:
fingermi una brava cuoca al posto suo. Il nostro gioco iniziò così, poi fu troppo tardi per smettere e
deludere tutti».
«Non c’è nessun ingrediente segreto, vero?» balbetta Margherita.
«L’ingrediente segreto di ogni piatto, e anche della vita, è l’amore».
«E le bugie, forse…»
Alla nonna trema un po’ la voce. «Una bugia non è una bugia, se detta per amore. Sei d’accordo?».
Margherita non risponde, ma, prima di tornare a tavola, le manda un bacio volante.
L’ospite indesiderato (Premio popolare Alfredo Bartoli)
Lo ammetto: non sono mai stata una grande cuoca.
Ma nel primo giorno in cui ospitammo mia suocera la sua copiosa vomitata mi sorprese e la evitai
giusto in tempo con un salto alla Fiona May.
“Ma cosa hai messo in questa pasta? E’ immangiabile!” e per l’ennesima volta da quando ci
conosciamo ascoltai la solenne enunciazione dei passaggi fondamentali per ottenere un ottimo ragù.
Che tipa, mia suocera!
Quando ci conoscevamo da un mese le dissi che il mio cavallo di battaglia in fatto di dessert era il
tiramisù... E lei mi rispose di essere allergica alle uova crude.
Che ridenti giornate ci attendevano, adesso!
Mi ero presa aspettativa al lavoro per poterle essere di compagnia, durante la permanenza a casa
nostra.
Il servizio mensa non sarebbe stato all’altezza, già lo sapevo.
Eppure avrei provato tutti i giorni a proporle il ragù dei sogni, quello della sua enciclica.
Al ventesimo giorno avevo consumato tutto il gas della Russia per cuocere la divina salsa e il
profumo era squisito.
Le porsi il piatto sorridente.
Assaggiò una forchettata di pasta e… Miracolo: sorrise!
Ma dopo nemmeno un minuto vomitò.
“Ancora non ci siamo, mi dispiace… Non riesco proprio a digerire il tuo ragù”.
“Dai, domani allora ci riproverò!”
Le metastasi epatiche (e non) che mia suocera ospitava inconsapevolmente in sé le lasciavano
sempre meno tempo (secondo i medici dai 7 ai 30 giorni) e non riusciva più ad alimentarsi.
Ma andava bene così: che pensasse di avere solo una nuora un po’ impedita.
Mi ritirai in cucina, piansi e assaggiai anche io quel ragù così perfetto.
Avevo visto il sorriso del miracolo!
